La transizione ecologica è una medaglia a due facce che tiene saldamente insieme la
sostenibilità ambientale e il
risparmio energetico. Che un’azienda agisca stimolata dall’uno o dall’altro movente, poco importa: che sia una pulsione etica o un desiderio di investire nel risparmio energetico, i risultati saranno sempre e comunque duplici. Il fondo di transizione industriale, al quale le aziende italiane di ogni dimensione possono attingere da qui al 12 dicembre prossimo, altro non è se non uno stimolo ulteriore a questa necessaria evoluzione.
Attingervi è semplice: è sufficiente verificare i requisiti, dotarsi dei trust services necessari (
PEC,
Firma Digitale,
SPID) e infine portare avanti la richiesta: il denaro è concesso
a fondo perduto e può rappresentare una grande opportunità per le aziende coinvolte – soprattutto in un momento nel quale gli investimenti sono particolarmente difficili da sostenere.
Fondo transizione industriale
La domanda può essere portata avanti a partire
dal 10 ottobre 2023 e fino alla data ultima del 12 dicembre. Si tratta di una agevolazione a fondo perduto per la quale Invitalia (ente gestore del fondo) ha a disposizione 300 milioni di euro.
L’obiettivo è chiaro, esplicito e ispirato al piano energetico nazionale:
decarbonizzare. Gli investimenti in questa direzione sono spesso complessi da sostenere, motivo per cui il fondo intende favorire gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica nella misura del 30% delle spese ammissibili (“
Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese, del 10% per le medie imprese, del 15% per investimenti effettuati nelle zone A e del 5% per investimenti effettuati nelle zone C, di cui si parla nella Carta nazionale degli aiuti a finalità regionale per l'Italia”). Per gli investimenti relativi a impianti di autoproduzione si arriva al 45% del costo complessivo, al 40% invece per investimenti finalizzati all’efficientamento dell’uso delle risorse.
Un intervento estremamente puntuale nel modo in cui i contributi vengono indirizzati, insomma, poiché il fine è quello di allineare il tessuto produttivo alle politiche energetiche nazionali – particolarmente sotto pressione in questo periodo di chiaroscuri della geopolitica internazionale.
I programmi di intervento presentati devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di accesso al Fondo (non si possono dunque finanziare opere già in cantiere); devono prevedere
spese complessive ammissibili comprese tra 3 e 20 milioni di Euro; devono giungere a fine lavori entro 36 mesi dalla concessione del contributo, salvo possibili deroghe per i lavori di completamento con tempistiche dilatate per non più di 12 mesi.
Chi può accedere al Fondo Transizione Industriale
Possono accede al fondo le aziende che rispettano i seguenti requisiti fondamentali:
- sono regolarmente costituite, iscritte e “attive” nel registro delle imprese;
- operano in via prevalente nei settori estrattivo e manifatturiero di cui alle sezioni B e C della classificazione delle attività economiche ATECO 2007;
- sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria e non sono sottoposte a procedure concorsuali;
- non sono già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
- non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
- hanno restituito somme dovute a seguito di provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;
- sono in regola con le disposizioni vigenti in materia obblighi contributivi;
- non si trovano in una delle situazioni di esclusione previste dall’art. 5, comma 2, del DM 21 ottobre 2022.
Ogni impresa può presentare una domanda sola (indipendentemente dalla pluralità degli obiettivi perseguiti) in base alla quale verrà formulata una graduatoria dipendente dai punteggi attribuiti ai programmi di investimento. Ben il 50% dei fondi è a disposizione per le cosiddette “imprese energivore”, ossia quelle già formalmente inserite nell’apposito elenco tenuto dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).
Le spese ammissibili sono legate a investimenti su suolo aziendale e sue sistemazioni (max 10%), a opere murarie e assimilate (max 40%), macchinari e impianti, software, brevetti, licenze e know-how legati alle nuove tecnologie adottate: un elenco di FAQ continuamente aggiornato rende estremamente chiari i termini di partecipazione al bando e tutti i dettagli relativi a modalità, limiti e prescrizioni previsti.
Entro il mese di gennaio si sapranno quali sono le aziende vincitrici e i lavori potranno così prendere il via.
Come si compila la domanda
Aspetto interessante sta nel fatto che la pratica di presentazione della domanda di contributo sia estremamente semplice e può avere inizio
a partire da questa pagina.
L’autenticazione sulla piattaforma Invitalia avviene tramite
SPID, CNS o CIE (con lo SPID che si contraddistingue tra queste opzioni in termini di semplicità e di requisiti tecnici). Non ci sono deroghe in tal senso: “
Qualora l’utente non disponesse di un’identità digitale SPID, di una smart card CNS o di una CIE, dovrà necessariamente farne richiesta a uno dei gestori o enti incaricati” poiché è questa la base sulla quale sono pensate le modalità di presentazione online delle domande di contributo su ogni singolo bando. Occorre inoltre disporre di
firma digitale (PADes o CADes) per poter siglare le pratiche compilate e un indirizzo di
Posta Elettronica Certificata per poter inviare il tutto.
Un’apposita guida di Invitalia (pdf) mette in fila tutte le istruzioni per una compilazione che risulta estremamente intuitiva pur nella ricchezza delle informazioni da indicare. Milioni di euro a disposizione, insomma, ma solo per aziende virtuose che investono nella sostenibilità e che mettono sul piatto SPID, firma digitale e PEC per l’invio dei propri progetti innovativi.