Il contesto della
digital transformation nel quale siamo oggi immersi si intreccia con molti altri fattori più o meno collaterali che riguardano
le infrastrutture che abilitano questo cambiamento.
Uno di essi, è quello che concerne un’altra grande trasformazione, che si interseca con lo
scenario energetico.
Mettendo questi due aspetti su una stessa linea, non è complicato ricadere su uno dei versanti tecnologici principalmente interessati, quello che, cioè, ha a che fare con tutto ciò che può essere definito come
un vero e proprio pilastro dell’era digitale, i data center. Strutture fisiche usate dalle aziende per conservare le applicazioni e i dati che supportano qualsiasi attività, interna, o rivolta verso l’esterno, i data center garantiscono senza soluzione di continuità il
funzionamento costante di qualsiasi sistema informativo.
Il collegamento tra loro e il mondo dell’energia si crea a un livello elementare, facilmente spiegabile con il fatto che l’insieme rappresentato da server, sistemi di storage dei dati, gruppi di continuità e tutte le apparecchiatura presenti nella “sala macchine” è
avido di energia e, non sempre, quest’ultima è “pulita”, e quindi
sostenibile perché generata da fonti non inquinanti.
Il traino delle aziende hi-tech
Se proiettato in una scala macro, va detto che le
top tech company hanno già avviato da tempo i loro processi per
ridurre il consumo energetico dei loro data center, per esempio, sfruttando i principi del
raffreddamento a immersione. Ingenti sono stati gli investimenti per far sì che il notevole fabbisogno di energia di tali strutture venga
soddisfatto dalla produzione proveniente da fonti rinnovabili, l’eolico e il solare su tutte, sposando le strategie di sostenibilità ambientale previste dai governi nazionali e comunitari con l’obiettivo di arrivare, nei prossimi anni, a una
società carbon neutral.
Il 2023 è considerato come un momento-chiave di questo percorso ed è stato, per così dire, inaugurato con l’annuncio, da parte di Microsoft, di un accordo per l’acquisizione di 900 megawatt di energia rinnovabile, seguito da un corollario di iniziative simili annunciate da varie realtà impegnate nel settore in maniera ancora più diretta, nella veste di società che offrono l’utilizzo in
outsourcing di grandi
data center.
Un annuncio analogo è arrivato anche da Intel che ha deciso di dirottare la gran parte del suo impegno nelle nuove tecniche di raffreddamento citate poc’anzi, che
prevedono l’immersione delle macchine in liquidi non conduttivi, un sistema già adottato da altri vendor che riduce in modo significativo il consumo di energia rispetto al metodo tradizionale ad aria.
L’importanza dell’acqua (e dei suoi derivati)
Sempre in tema di raffreddamento dei grandi e caldi ambienti che ospitano i data center, un altro frangente della sostenibilità ambientale è quello che riguarda il
consumo d’acqua.
In particolare, Amazon si è impegnata a pubblicare annualmente
report che riguardano la Water Use Efficiency (WUE), la stessa metrica utilizzata dall'ONU per stilare gli
Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), che mirano a garantire
la disponibilità e la gestione sostenibile delle necessità di acqua
Similmente, anche Google ha dichiarato di aver messo in atto una strategia sul tema, limitandosi, tuttavia, alla pubblicazione di alcuni dati sull'utilizzo dell'acqua per i suoi centri di elaborazione dei dati, ma senza aver ancora aderito alla metrica WUE. Ci si può aspettare che ciò avvenga nel corso del 2023?
Infine, un’altra metodologia che nel corso di quest’anno conoscerà una certa evoluzione e adozione generalizzata è quella che riguarda
l’idrogeno, e il suo impiego come principale fonte di carburante per le cosiddette
fuel cell, le celle a combustibile, nelle quali l’elettricità green è prodotta mediante un processo elettrochimico.
Questa tecnica si presta, in particolare, per l’alimentazione dei generatori di energia ausiliaria di riserva che intervengono nei casi in cui vi sono cali o interruzioni di corrente e che sono, alimentati, tipicamente a gasolio.