Una
survey condotta
CioNet Italy per
Aruba Enterprise mette in evidenza quali tecnologie hanno permesso alle aziende di portare avanti il loro business durante la pandemia.
CIO, CTO o Covid-19? Ad accelerare il
processo di digitalizzazione delle imprese italiane, così come di quelle internazionali, è stata proprio la pandemia da Coronavirus.
La necessità di chiudere il paese, aziende e produttività, ha spinto compagnie di ogni ordine e grado ad abbracciare il
lavoro agile e ciò ha previsto un ripensamento più profondo delle metriche e logiche del lavoro tradizionale. Ad ogni modo, i decisori si sono dovuti attrezzare per consentire quella sorta di
business continuity che il mercato impone, oltrepassando il blocco tramite l’adozione di soluzioni hardware e software che abilitassero uno svolgimento delle proprie mansioni professionali fuori dall’ambito classico dell’ufficio.
È indubbio quindi che la crisi sanitaria e la sua estensione a livello globale abbia velocizzato quei presupposti che, forse da troppo tempo, giacevano come insoluti nelle stanze degli innovatori aziendali.
In che modo ha risposto il tessuto imprenditoriale italiano? Come le compagnie nostrane si sono dovute adeguare per non farsi travolgere dall’emergenza? A far luce su queste e altre domande è una survey condotta da CioNet Italy per
Aruba Enterprise su
157 decision maker italiani, appartenenti all’area IT (90%) e
innovazione (10%) delle rispettive società. L’indagine è nata dall'idea di voler stabilire in questo momento delicato un
dialogo con i CIO e gli IT Manager e capire direttamente da loro quali sono le priorità che si sono trovati a gestire e come hanno reagito alla crisi determinata dalla pandemia. Lanciata il 6 maggio 2020 è stata chiusa il 30 maggio 2020, con un numero di risposte pari a 157 e il coinvolgimento di decine di compagnie di valenza nazionale ed estera.
I settori coinvolti
Degli intervistati, il 27% fa parte dell’industria del
Manifatturiero; l’11% del
Finance; il 10% di
Wholesale & Retail; il 9% di
Trasporti e Logistica; l’8% della
GDO; il 7% di
PA e difesa, il 6% di
Telco; il 6% di
Utilities, il 5% del
Pharma; il 5% di
Servizi Professionali; il 2% del
Chimico.
Variegate le risposte riguardo alle aree all’interno dell’organizzazione maggiormente digitalizzate, con il settore dell’Amministrazione e Controllo (56%) che precede quello degli Acquisti (54%) e Marketing (53%) a dimostrazione di come lo scenario della trasformazione digitale coinvolga orizzontalmente più ambiti, sebbene in alcuni l’assenza è decisamente più marcata, come nel caso della Ricerca (20%).
Quando si parla di strumenti di lavoro da remoto, la ricerca ha messo in risalto un panorama già
ben avviato in tale direzione, con ben il 43% delle aziende rispondenti che ha confermato come una percentuale attestata tra il 60% e il 100% di collaboratori e professionisti svolgesse già un’operatività di tipo agile. Successivamente all’emergenza indotta dal Covid-19, lo stesso range di interessati (tra il 60-100%) è salito al 69% delle imprese intervistate.
Lavoro agile e necessità di business
Come si può ben immaginare, l’attivazione del
telelavoro, quando addirittura in forma di
smart working, ha richiesto alcune implementazioni necessarie. Tra tutte
l’acquisto di hardware (60%), la
creazione di procedure e policy idonee (50%), di
guide per gli utenti (45%) e di acquisti di sistemi di VPN (40%). Piattaforme di
videoconferenza (34%) e di
firma da remoto (14%) sono in calce a quanto indicato dai decision marker, che in misura minore hanno menzionato anche l’implementazione di servizi già esistenti in azienda. Questo dal lato del frontend, cioè dell’abilitazione più concreta al lavoro da remoto. Ma c’è un altro aspetto da considerare, che è quello delle principali richieste effettuate dal business ai reparti IT nel periodo di emergenza sanitaria.
Ecco allora che il supporto per l’utilizzo del remote working la fa da padrone (73%), seguito dal supporto per consentire una veloce transizione allo smart working (72%). Alquanto più indietro la necessità di adattare la strategia alla contingenza (40%), così come le verifiche sulla continuità dei sistemi informatici (23%) e il supporto per report e utilizzo di big data per previsioni (13%). Forse proprio quest’ultimo punto, sempre più in futuro, diventerà fondamentale nell’ottica di mettere in campo attività che sappiano non tanto prevedere ulteriori criticità quanto consentire un proseguimento del business anche in situazioni emergenziali.
L’importanza del cloud e della gestione documentale
Nello specifico delle tecnologie che il Covid-19 ha spinto maggiormente, il
cloud è senza dubbio quella che ha permesso di
fronteggiare meglio la crisi. Se il 44% dei rispondenti ammette che la nuvola faceva parte solo parzialmente della quotidianità operativa, per il 31% questa era del tutto assente mentre per il 25% era già una realtà. Eppure, proprio le compagnie già inserite nel mood del
cloud confermano come (per il 59%) la tecnologia sia stata
fondamentale per uscire dalla situazione che si è posta dinanzi con ben poco preavviso. È stata allora questa l’occasione per rivalutare il cloud e la possibilità di migrare verso i sistemi? No per il 55% mentre per il 31% ci sono delle valutazioni in corso che, per il 14% si traducono già in una fase avanzata di migrazione.
Oltre a ciò, una considerevole importanza è quella della
digitalizzazione dei processi documentali. In tal caso, il 46% degli intervistati aveva già workflow digitali prima della pandemia, che hanno permesso al 72% di questi di superare con maggiore agilità lo stallo. E a ulteriore indicazione del valore assunto da una gestione documentale innovativa, il 63% di chi ne era sprovvisto pre-Covid oggi afferma di voler valutare un’implementazione del genere, alla luce del nuovo contesto nel quale si trova ad operare.
Evidentemente, il ruolo dell’IT nell’era del Covid-19 assume contorni ampi e variegati e di certo lo scenario che oggi abbiamo davanti non potrà che consolidare alcune tendenze, ieri solo accessorie ma oggi determinanti per affrontare emergenze più o meno prevedibili.
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