Magazine

Aggiornare un web server “vecchio” di 30 anni? In UK qualcuno lo ha fatto

30/11/2022
Aggiornare un web server
PMIPrivatiProfessionisti
Aveva 22 anni Linus Torvalds quando, nel 1991, brindò alla conclusione del suo progetto personale.

In realtà, la storia ha poi rivelato che quel progetto, poi battezzato Linux, era nel suo momento iniziale, nell’incipit di una delle vicende informatiche più entusiasmanti e ricche di passaggi evolutivi. Infatti, si trattava solo del rilascio iniziale del codice sorgente del kernel di quello che sarebbe diventato il sistema operativo open source più popolare e diffuso in assoluto, con oltre 25 milioni di linee sviluppate sotto la licenza d’uso pubblica GNU.

Milioni sono anche le installazioni che le varie distribuzioni, cioè i vari pacchetti applicativi dell’OS sono presenti sui computer e sui device in tutto il mondo, sia di utenti privati che di aziende, per non parlare della quantità di server web che, grazie a lui, hanno contribuito all’espansione di Internet e del networking più in generale.

Tra la miriade di varianti, ce n’è una che più di altre ha lasciato il segno nella storia di questo fenomeno: si tratta di chiark, cioè quella che è stata identificata come la più vecchia installazione di Linux al mondo: risale, infatti, al 1993.

Il web server su cui è stata installata si chiama chiark.greenend.org.uk ed è una macchina piuttosto ordinaria collocata in un data center di Londra. Questa contiene circa 200 account utente, qualche sito, alcune mailing list, una manciata di gruppi Usenet, sulla quale, inizialmente, girava su un Debian Linux 0.93R5, la prima release del “sistema operativo universale” che poteva essere aggiornata senza una reinstallazione completa.

Il primo importante upgrade avvenne nel 2016, quando, sul server, venne caricata Jessie, cioè la distribuzione di Debian 8 supportata ufficialmente fino al 2020, e oggi è ancora in uso, alla quale ha fatto seguito la versione Debian 11, Bullseye, attraversando quindi anche il passaggio da 32 a 64 bit. E non senza problemi.

L’esecutore materiale di tutto ciò è un’altra figura molto conosciuta nell’universo open source, quel Ian Jackson che non perde mai l’occasione di raccontare sempre con un’allure un po’ romantico come percorse la strada tutt’altro che semplice del dover installare molti pacchetti a mano, in un esempio di gestione “affettuosa” del server, trattato quasi alla stregua di un essere vivente, in contrapposizione a un’attitudine moderna più asettica, per non dire “brutale”.

Per dare il nome al suo server, Jackson si ispirò al mondo della letteratura sci-fi, rifacendosi a quello del personaggio di uno dei romanzi di fantascienza dello scrittore scozzese Iain M. Banks. 

Oggi, quindi, su chiark gira ancora questa distribuzione, che continua a evolvere e non sempre è possibile garantirne la compatibilità con applicativi legacy: da ciò che Jackson ha rivelato, è emerso, in particolare, che i programmi più problematici da far digerire alla nuova release sono stati Apache 2, lo strumento per le mailing list Mailman e l'MTA Exim, il server di notizie INN, e il passaggio da una versione basata su Python 2 a una versione basata su Python 3.

Quel che va subito chiarito è che preservare una tale risorsa è stata un’operazione in grado di andare al di là delle capacità di molti e che, anzi, senza il suo creatore, chiark probabilmente non avrebbe potuto avere una tale longevità, poiché costui è una delle figure più qualificate in assoluto nel mondo Linux. Jackson non soltanto è stato un ex capo progetto di Debian, ma ha anche scritto lo strumento di gestione dei pacchetti di Debian, dpkg, per poi guidare il rilascio di Debian 2.0, la prima versione multi-architettura della distribuzione e la prima a utilizzare libc6.
Si è dimesso dal Comitato Tecnico di Debian nel 2014 dopo che la sua proposta di mantenere i pacchetti Debian init-system-agnostic è stata respinta.

Una storia affascinante, quindi, che di sicuro si svilupperà in nuovi - e ancora più sorprendenti - capitoli.