Già ad inizio estate 2023, aveva cominciato a circolare una notizia un po’ particolare: la
NASA stava organizzando il suo ingresso in pompa magna nel campo dell’
intelligenza artificiale mettendo in piedi la sua personale
risposta a ChatGPT, lo strumento di IA generativa basato sull’elaborazione del linguaggio naturale (
NLP, Natural Language Processing), che sfrutta algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle di un essere umano.
L’obiettivo - sempre secondo i
rumors - era mettere il nuovo strumento a disposizione degli
astronauti e di tutte le altre figure tecnico scientifiche coinvolte nelle attività di ricerca e previsione finalizzate alle
missioni spaziali. Ma per farne cosa, esattamente?
Per consentire agli scienziati impegnati a vario titolo nei progetti di esplorazione nello spazio di
comunicare con i computer di bordo delle navicelle e con i
robot dotati di intelligenza artificiale che perlustrano i territori al di fuori dell’orbita terrestre.
Per qualche mese, la news era rimasta in un limbo fatto di assenza di conferme e di smentite, per poi uscirne, i primi di agosto, con la certezza che non si trattava di una voce incontrollata ma di un vero e proprio
progetto con finalità concrete e con impegno altrettanto solido da parte dei suoi fautori.
Dalla fantascienza alla realtà
Sullo sfondo del clamoroso annuncio possiamo intravedere una visione che sta tra la fantascienza
classica e il romantico, paragonata a quella raccontata in
2001: Odissea nello spazio prima, su carta, da Arthur C. Clarke, e poi nel leggendario film di Stanley Kubrick. Hal 9000 infatti, è un supercomputer dotato di un'intelligenza artificiale estremamente evoluta. Questa, gli permette di riprodurre ogni attività della mente umana in modo molto più veloce e più sicuro, di parlare con una voce quasi somigliante in tutto e per tutto a quella umana, di avere percezioni sensoriali ed esperienze emotive totalmente riconducibili a quelle di una persona in carne e ossa, e perfino poter di governare in totale autonomia l'astronave
Discovery 1, per condurla durante la missione spaziale, dialogando con gli astronauti e tenendo sotto il suo controllo anche il più piccolo dettaglio.
"
L'idea è di arrivare a un punto in cui abbiamo interazioni conversazionali con i veicoli spaziali durante le quali ci parlano di allarmi e scoperte interessanti che vedono nel sistema solare e oltre. Non è più fantascienza", ha spiegato la ricercatrice della Nasa Larissa Suzuki nel corso del suo intervento a un incontro sulla comunicazione spaziale di nuova generazione che si è tenuto a Londra. “
D’altra parte - ha proseguito la scienziata -
non possiamo inviare un ingegnere nello spazio ogni volta che un veicolo spaziale va offline o il suo software si rompe in qualche modo”.
Quale modo migliore, quindi, di far sì che gli addetti ai lavori possano disporre - in un futuro neanche troppo remoto - di
un’interfaccia di dialogo strutturata per funzionare con il linguaggio naturale, raccogliere informazioni e risolvere problemi?
Le prime possibili applicazioni in vista
Una prima applicazione concreta di questa declinazione dell’intelligenza artificiale potrebbe essere inclusa in
Lunar Gateway, una stazione spaziale extraterrestre prevista nell'ambito del programma che la
NASA ha battezzato con il nome di
Artemis.
D’altra parte, la necessità dell’agenzia di togliere quest’ultima dall’
impasse in cui giace da un po’ di tempo per via di diversi problemi sorti nell'evolversi della missione (che peraltro ha sforato e non di poco l’ammontare degli investimenti inizialmente stimati) potrebbe rappresentare un’ottima spinta per accelerare il processo di sviluppo della sua IA.
Tra limiti e opportunità “extra-spaziali”
Uno dei grandi nodi da sciogliere ha a che fare con le modalità con le quali il
machine learning, l'apprendimento automatico, potrà essere impiegato nello spazio, dove non è possibile far transitare grandi quantità di dati attraverso i supercomputer. Un approccio dato per vincente potrebbe essere quello del cosiddetto “
apprendimento federato” in cui le macchine coinvolte possono condividere le conoscenze, e continuare a imparare senza trasmettere grandi quantità di dati alla Terra.
Per condurre il suo
progetto di IA generativa, la NASA ha scelto di affidarsi a IBM, che ha utilizzato il suo Watsonx.ai, rilasciato di recente, come modello di base, sfruttando i dati satellitari HLS (Harmonized Landsat Sentinel-2) raccolti dalla coppia di satelliti Sentinel-2 dell'ESA, mandati in orbita con il preciso scopo di acquisire immagini ottiche ad alta risoluzione su terreni e regioni costiere in 13 bande spettrali.
La cosa interessante del progetto è che non si concentrerà esclusivamente sul fronte “spaziale” ma avrà applicazioni più generali, fungendo da base informativa anche per altri settori che riguardano la scienza della Terra, dagli studi sull’inquinamento e dei cambiamenti climatici alla deforestazione e alle previsioni sulla resa dei raccolti.
La stessa agenzia prevede che i suoi progetti di ricerca in campo biologico, nel corso del 2024 produrranno qualcosa come oltre 250.000 Terabyte di dati che saranno, in gran parte, composti da informazioni di carattere geografico e geologico, e da immagini satellitari del Pianeta, che il “
GPT spaziale” dovrà analizzare e rendere disponibili in una forma di semplice utilizzo per aiutare gli scienziati americani nelle loro ricerche e nelle loro analisi predittive.