Al giorno d’oggi molte aziende italiane e PMI collaborano con consulenti esterni, liberi professionisti in materia di marketing, logistica, crescita aziendale, internazionalizzazione, etc.
Ogni consulente ha la possibilità di essere inquadrato come
lavoratore dipendente, assunto con regolare busta paga dall’ azienda, oppure può decidere di collaborare con i propri clienti da lavoratore autonomo, con obbligo quindi di
aprire una partita IVA. Questa seconda ipotesi è l’unica alternativa che un consulente possa adottare nel caso in cui voglia decidere di collaborare con più aziende contemporaneamente.
Nel caso di apertura di una partita IVA, diventa di fondamentale importanza la
scelta del regime fiscale da adottare. In Italia, se si apre una partita IVA come ditta individuale, è possibile scegliere tra:
- il regime forfettario;
- il regime semplificato;
- il regime ordinario.
Ad oggi l’unico regime di vantaggio esistente, e sul quale approfondiremo il funzionamento in questo articolo, è il
regime forfettario nato nel 2015 e tuttora in vigore.
Regime forfettario per consulenti
Aprire una partita IVA in regime forfettario probabilmente è la scelta più conveniente per ogni consulente, soprattutto all’inizio della propria attività. Questo particolare regime fiscale garantirà infatti, a tutti coloro che decideranno di adottarlo, una serie di vantaggi quali:
Tassazione più bassa: il regime forfettario non segue la classica tassazione con gli scaglioni IRPEF, ma viene applicata una tassa “piatta”, chiamata
Imposta Sostitutiva, che è pari al 5% per i primi 5 anni, passerà poi dal sesto anno in poi al 15%. Questa percentuale di imposte risulta davvero vantaggiosa se paragonata alla percentuale di tassazione IRPEF compresa tra il 23% e il 42% alla quale sono assoggettati i titolari di partita IVA in regime semplificato o ordinario.
Esenzione dall’IVA: altro grande vantaggio del regime forfettario è che questo regime fiscale è esente dall’IVA. Un consulente quindi che emette una fattura, sia verso privati sia verso aziende, non dovrà applicare l’IVA ai propri compensi.
Esenzione dalla ritenuta d’acconto: tutti i liberi professionisti, così come anche i consulenti, che adottano il regime semplificato o ordinario, hanno l’obbligo di applicare in fattura la ritenuta d’acconto del 20% ai propri compensi. In tutti questi casi quindi, il committente ha obbligo di trattenere il 20% di tali compensi a titolo appunto di ritenuta d'acconto, e versare questa somma allo Stato tramite Modello F24, anticipando in questo modo parte della futura tassazione alla quale sarà obbligato il consulente. Nel regime forfettario tutto ciò non accade, il consulente infatti incassa l’intero importo presente in fattura senza alcun tipo di trattenuta.
Semplificazioni contabili: oltre a tutti i vantaggi già elencati, il regime forfettario presenta una contabilità davvero semplice. È esentato infatti dalla registrazione delle fatture, dalla dichiarazione IVA trimestrale e annuale, dagli studi di settore, dal pagamento dell’IRAP e da tanti altri obblighi burocratici ai quali invece sono obbligati i consulenti in regime semplificato o ordinario.
Per poter aderire al regime forfettario sarà però necessario possedere determinati requisiti e rispettare limiti specifici. Quello più importante da rispettare è il tetto di fatturato, che non dovrà superare i
65.000 euro annuali, pena l’uscita dal regime forfettario il 1 gennaio dell’anno successivo.
Inoltre, coloro che sono contemporaneamente dei lavoratori dipendenti, potranno aprire una partita IVA forfettaria a patto che il reddito da dipendente nell’anno precedente sia inferiore a 30.000 euro lordi.
Sono impossibilitati ad aprire una partita IVA forfettaria tutti quei soggetti che contemporaneamente fanno parte di società di persone (SAS o SNC), oppure che controllano una società di capitali, ossia posseggono delle quote pari o superiori al 50%, nel caso in cui la società si occupi delle stesse attività di cui si occupa la ditta individuale in regime forfettario.
Regime forfettario: fatturazione elettronica, PEC e firma digitale
Dal 1° luglio 2022 anche tutti i titolari di partita IVA in regime forfettario che fatturano più di 25.000€ annui, sono stati obbligati all’
adozione della fatturazione elettronica. Dal 1° gennaio 2024 invece, saranno obbligati anche tutti quelli che fatturano meno di 25.000€ annui. Risulta quindi imprescindibile munirsi di un software di fatturazione elettronica che si occupi anche della conservazione a norma di legge di tutte le fatture emesse e ricevute.
Sono perciò ancora presenti alcuni casi di esenzione da quest’obbligo, nello specifico sono esentati dalla fatturazione elettronica:
- fino al 1° gennaio 2024, tutti i soggetti già titolari di partita IVA in regime forfettario che nel 2022 hanno incassato meno di 25.000 euro, importo che eventualmente dovrà essere ragguagliato ad anno nel caso di apertura durante il 2022;
- tutti coloro che aprono partita IVA nel 2023. Saranno però obbligati dal 1° gennaio del 2024 a ricorrere alla fatturazione elettronica, indipendentemente dal fatturato annuale;
- tutti i professionisti che emettono fatture per prestazioni mediche o sanitarie verso persone fisiche.
È inoltre facoltativa, ma fortemente consigliata, l’
attivazione di una PEC (Posta Elettronica Certificata) e di una
firma digitale, strumenti ormai essenziali, ideali per effettuare delle comunicazioni efficaci, che rispettino le nuove normative in vigore. La firma digitale inoltre è richiesta da molti uffici della Pubblica Amministrazione e anche le Camere di Commercio di tutte le province italiane accettano ormai soltanto dei documenti firmati in modo digitale.