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Come usare i Big Data per migliorare la tua strategia digitale

08/10/2024
Come usare i Big Data per migliorare la tua strategia digitale
PMIPrivatiProfessionisti
Per Big Data si intendono i grandi volumi di dati eterogenei, che possono essere strutturati, come nel caso dei database e dei fogli di calcolo, semi-strutturati, come i file XML, o non strutturati, cioè testi, immagini e video.
Oggi, il loro utilizzo strategico è il perno attorno al quale le aziende di tutte le dimensioni e di tutte le categorie merceologiche, oggi, pianificano e implementano le proprie strategie, digitali e non.

Affinché questa straordinaria e immensa risorsa possa essere sfruttata in maniera efficace è necessario che le informazioni vengano raccolte, analizzate e interpretate in modo corretto: soltanto così potranno essere trasformate in una fonte preziosa per prendere decisioni più informate e mirate sul mercato di pertinenza, sui clienti, e sulle opportunità di crescita dell’azienda più in generale.
Ma che cosa sono i Big Data? Quando nascono? E come possono essere impiegati per creare valore?

Le origini e la storia dei Big Data

Siamo verso la fine dell’Ottocento quando in uno degli uffici statunitensi che si occupano di effettuare indagini statistiche sulla popolazione, un impiegato mette a punto un sistema per classificare e organizzare i dati raccolti dal censimento, in modo da ridurre il lavoro di catalogazione in tempi molto più brevi di quanto fosse possibile con le tecniche “manuali” in uso fino a quel momento.

Quel dipendente era Herman Hollerith (che, successivamente, fu il fondatore dell’embrione aziendale che sarebbe diventato la IBM, ndr) e la sua grande intuizione fu una macchina tabulatrice che permetteva di codificare le informazioni su schede perforate, che poi venivano lette ed elaborate meccanicamente.

Il concetto vero e proprio di Big Data emerge più tardi, negli Anni 70 del secolo scorso quando iniziarono a prendere forma i primi sistemi per la gestione dei dati (come i database relazionali). Il primo riferimento alla locuzione viene, oggi, attribuito a John Mashey, un informatico statunitense che negli Anni 90 iniziò a usare l'espressione nei contesti aziendali per descrivere la crescente necessità di gestire quantità di dati in tempo reale.

La popolarità del termine, del concetto sottostante e della presenza in un contesto mainstream, subì un’impennata all'inizio del decennio successivo, grazie alla diffusione di Internet e alla digitalizzazione di massa. È in questo periodo che Doug Laney, un analista della società di ricerche Gartner, introdusse il concetto delle "3V" dei Big Data nel 2001, individuando tre caratteristiche principali: volume (la quantità di dati), velocità (la rapidità con cui vengono generati e trattati) e varietà (la diversità delle tipologie di dati).

Nel corso del tempo, il concetto si è evoluto per includere ulteriori dimensioni come la veridicità (l'accuratezza dei dati) e il valore (l'utilità che possono generare), consolidando la locuzione come uno dei pilastri della trasformazione digitale moderna.
In che modo i Big Data possono essere utilizzati in modo strategico?
Un’azienda può fare uso dei Big Data in diversi modi per migliorare la sua strategia digitale. Si tratta, in tutti i casi, di processi articolati che vanno fatti precedere da un passaggio preliminare, nel corso del quale andranno definiti gli obiettivi di business (aumentare le vendite, migliorare il coinvolgimento dei clienti, ottimizzare le operazioni interne, eccetera) e si riuscirà a comprendere in quale modo i dati possono contribuire al loro raggiungimento.

Dopodiché si entrerà direttamente nel cuore della strategia, con un percorso che si snoda in tre diverse fasi:
  • La raccolta dei dati: dopo aver stabilito i punti di arrivo, i Big Data entrano in gioco per davvero, con una serie di operazioni che consistono nell’individuazione delle fonti, non solo quelle interne all’azienda, ma anche esterne (social media, transazioni online, IoT, eccetera) per l’acquisizione di dati rilevanti.
  • L’elaborazione e la pulizia dei dati: un aspetto molto importante da tenere in considerazione è che molto spesso i dati grezzi possono contenere errori o duplicazioni che richiedono un’attività specifica di pulizia, organizzazione e strutturazione, tutti fattori indispensabili per risultare fruibili nella fase successiva.

    Sia sul fronte della pulizia che quella dell’analisi vera e propria dei Big Data richiedono competenze specialistiche e vengono gestite, principalmente, da figure come i data scientist e i data analyst.

    Nel primo caso si tratta di figure esperte nell'analisi e nell’interpretazione dei dati complessi attraverso l'uso di algoritmi avanzati e tecniche di machine learning per poi girare i risultati ai colleghi deputati a concentrarsi, invece, su analisi più immediate e interpretazioni operative.

    Un aspetto spesso trascurato è la quantità di tempo che dev’essere dedicata alla preparazione e alla pulizia dei dati prima di poterli utilizzare. Si stima che, prima di arrivare a un grado di ottimizzazione soddisfacente, uno scienziato dei dati trascorra circa il 60-80% del proprio tempo in attività di pulizia, organizzazione e strutturazione dei dati.
  • L’analisi e l’interpretazione: è probabilmente il momento-chiave della strategia complessiva, che consiste nella messa in atto delle tecniche, degli strumenti e dei processi che consentono di esaminare i dati raccolti.
I Big Data Analytics che si utilizzano in questo contesto possono essere, a loro volta, suddivisi in tre tipologie: descrittivi, quando si concentrano sull'analisi dei dati storici per capire cosa è successo in passato; predittivi, che utilizzano modelli e algoritmi per prevedere cosa potrebbe accadere in futuro, e prescrittivi, cioè in grado di suggerire direzioni da seguire in base ai dati analizzati.

Gli ambiti di applicazione

Dopo essere stati analizzati, i dati saranno pronti a costituire l’impianto strategico ideale per implementare azioni basate sugli insight ottenuti, le quali potrebbero suggerire, per esempio, l’adozione di nuove tecnologie, l’analisi del sentiment sul web e sui social media da sfruttare per il lancio di campagne di marketing più mirate o l'ottimizzazione della customer experience, personalizzando l’offerta di prodotti e servizi attraverso l’analisi dei feedback e dei comportamenti.

I Big Data, infine, possono aiutare anche a migliorare la gestione interna dell'azienda, incrementando l'efficienza operativa, identificando colli di bottiglia e migliorando la supply chain, anche grazie alla manutenzione predittiva per anticipare eventuali guasti nelle infrastrutture, riducendo i tempi di inattività, oltre a identificare anomalie e potenziali frodi, proteggendo l'azienda e i suoi clienti.


 
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