Unitamente alle Categorie, i
tag - cioè le etichette di testo con cui i sistemi di
Content Management System (CMS) permettono di
contrassegnare un contenuto del sito attraverso l’utilizzo di parole chiave - si prestano a sintetizzarne i concetti e le informazioni che esso veicola.
La loro capacità di organizzare e aggregare per argomenti, li rende uno strumento di fondamentale importanza per la
tassonomia dell’intero apparato web oltre che indispensabili per
rendere l’esperienza utente più ricca ed efficiente. È proprio grazie ai tag che il contenuto che si cerca può essere individuato con maggiore facilità e velocità.
In pratica, ogni volta che sul sito viene aggiunto un nuovo tag o una nuova categoria, questi si associano all’archivio che contiene tutti gli altri, e si genera una
pagina-contenitore in cui i post che afferiscono a uno stesso topic si ritrovano raggruppati, consentendo quindi al lettore di avere, con un unico colpo d’occhio, tutti i post identificati dalla stessa etichetta.
Al contempo, gli algoritmi di Google comprenderanno che tutti i contenuti di quel determinato archivio hanno qualcosa in comune.
Il
tagging, quindi, è ciò che permette di creare collegamenti tra contenuti correlati.
Tag di WordPress e SEO
Sia attorno alle categorie che attorno ai tag regna da sempre tutta una serie di credenze e falsi miti. Si tende a pensare ad esempio che la combo tag e
WordPress abbia
prerogative benefiche nei confronti della SEO (Search Engine Optimization) generale del sito.
Ma è proprio così che stanno le cose?
La risposta è: no, o meglio non sempre. L’influenza dei tag sui risultati dei motori di ricerca in generale è molto scarsa anzi, nei casi in cui il loro uso risulti
improprio o sovradimensionato può generare, addirittura,
effetti deleteri. In questa casistica, rientra, per esempio, l’inserimento di nuove varianti anziché il fare ricorso ai tag già esistenti
generando numerose pagine statiche - una per tag - verosimilmente con un solo contenuto associato per ciascuna, che Google finirà per interpretare come di scarso valore.
Altro malus, il rischio di incorrere nei problemi che, di norma, affliggono, i
contenuti duplicati, soprattutto in tutti quei casi in cui i tag sono soggetti a una sovrapposizione con le categorie. Creare, per uno stesso termine, un’“etichetta” e una categoria non è mai una buona idea ed evitare che ciò accada può essere considerato, a ragione, come il primo dei precetti da seguire per una strategia
SEO-friendly relativa ai tag del proprio sito, evitando così di confondere sia i motori di ricerca che i visitatori del sito web.
La pratica migliore è
utilizzare le categorie per gli argomenti più generici e i tag per i topic più specifici. Per dirla in altri termini, le prime permettono di creare pagine di archivio che organizzano i contenuti in modo orizzontale, mentre i tag permettono di organizzare i contenuti in modo verticale.
Volendo entrare ancora di più nel dettaglio delle differenze tra i due elementi, vale la pena segnalare che, a differenza delle categorie che possono avere anche i rispettivi sottoinsiemi
, la creazione dei tag non può avvenire in senso gerarchico.
Una regola aurea infine, è quella di
assegnare alle pagine generate dai tag l’indicazione noindex (che andrà, invece, lasciato per le categorie), in modo tale da “comunicare” ai
search engine di non indicizzarle.
Tag di WordPress e best practice
Insomma, è
fondamentale ottimizzare e farne un uso corretto dei tag. Un buon posizionamento delle pagine e la conseguente crescita di traffico organico non può prescindere dalla cura di
tag title e
meta description. Come? Facendo in modo che
contengano le keyword più rilevanti e coerenti con la natura e i contenuti del sito. A una buona riuscita concorrono anche l’inderimento di link e formattazione del testo.
Ma come fare a capire quali sono i tag
WordPress da usare? E quali sono i termini d’elezione? Un buon punto di partenza può essere rappresentato da un’analisi di altre realtà omologhe, per capire con quali parole di ricerca vengono raggiunti i rispettivi siti.
Dopo aver completato l’analisi, sarà possibile avviare il processo di
taggatura: dalla
dashboard di amministrazione basterà cercare
Articoli e poi usare il menu a tendina per trovare la sezione
tag che permetterà di effettuare tutte le operazioni relative alle etichette.
In alternativa, i tag possono essere aggiunti anche direttamente dall’interno dell’articolo, dal riquadro che si trova sulla destra dello schermo: basta digitare i tag che si desidera aggiungere nella relativa casella di testo, separando ciascuno di essi con una virgola.
Per un sito
WordPress di medie dimensioni, l’ideale sarebbe avere pagine di archivio con un massimo di una decina di contenuti.
Tag di WordPress ed errori da evitare
In generale, è bene valutare sempre in maniera specifica il proprio caso, analizzando - con gli strumenti adeguati - quali sono i contenuti di questo tipo che ricevono traffico e
qual è il loro valore di posizionamento. Una volta fatta questa prima operazione occorre verificare che in ciascuno di essi vi sia il noindex e che non vengano linkati all’esterno, segnalandoli, nel caso, come errori 410.
Come abbiamo già accennato all’inizio, infatti, è molto importante - in questo contesto - adottare un approccio di utilizzo dei tag che tenga in giusto conto anche la
user experience, che abbia, cioè anche un senso per l’utente che è, di per sé, indirettamente anche alla base di una strategia SEO olistica.
La stessa Google, nelle sue guide per l’ottimizzazione, suggerisce che
tutte le pagine del sito siano accessibili tramite link e che non richiedano una funzionalità di ricerca interna per essere individuate. Nonché, raccomanda che tutte le pagine correlate siano collegate, in modo tale che agli utenti venga resa vita facile nell’individuazione di contenuti simili.
Da ciò, discende anche che organizzare i contenuti del sito ricorrendo ai tag (e alle categorie) costituisce
un ottimo rimedio per ridurre il bounce rate, il tasso di rimbalzo, cioè la percentuale di utenti che abbandonano il sito. Creando un sistema di connessione interna tra i contenuti, infatti si facilita la navigazione e la ricerca dell’utente nel sito, con l’effetto di riuscire a trattenerlo, per più tempo, tra le sue pagine.